Ascolto qualcosa che sinceramente non so bene dove collocare. Marco Rò scrive e “disegna” un disco che nasce da una collaborazione stretta con la gironalista Laura Tangherini.
Un album che prende il titolo da un’inchiesta della Tangherini sui profughi siriani. Dunque un viaggio alle spalle, uno spezzone di vita importante ingoiato in un sol boccone (mi piace immaginarlo così) divorato assieme.
Probabilmente è lo stesso viaggio che arriva anche in Russia e fa nascere un documentario dal titolo “Matrimonio Siriano” di cui il brano Dune è parte della colonna sonora. Insomma: vita di ogni giorno, esperienze forti, inchieste giornalistiche e note di un cantautore si intrecciano in un convulso scenario di quotidianità.
La cosa assai strana, però, è che da questo intricato groviglio di vita vissuta ne viene fuori un disco assai lineare, leggero, pop nel più conclamato significato del termine.
Mi sarei aspettato (forse perché ho capito male la genesi e, nel caso, sono pronto a chiedere scusa) un lavoro poliedrico anche sotto il punto di vista strumentale che, a parte qualche rara eccezione, non dà spazio a strumenti della tradizione, scritture di altre culture, qualche chicca che possa fungere anche da souvenir da riportare a casa.
Da quel che ho capito, l’unico intervento “altro” è nella hit radiofonica, assai semplice, Mosca Mon Amour, in cui interviene la vocalist russa Kira Franka.
Ma a parte queste perplessità di ordine culturale, ci sono anche delle belle canzoni come la già citata Dune, con architettura e dialogo assolutamente efficaci.
C’è poi Immagini a Righe, brano impreziosito dalla voce di Marco Conidi, che sembra essere uscito da una delle migliori prove di Renato Zero, ma è con Ale- una ballata diciamo alla Silvestri – che Rò raggiunge probabilmente il momento più alto del disco.
Per il resto, invece, A Un passo Da Qui si rivela purtroppo un lavoro povero di quella scrittura e di quella maturità che lo facciano ricordare e riconoscere tra le migliaia di uscite discografiche di cui siamo sommersi oggigiorno.
Alessandro Riva, Music Letter