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Spazio al giornalismo d’inchiesta e alla canzone d’autore. Spazio ad un progetto che quasi quasi, a guardarlo tutto dall’alto, non ci sta per intero dentro questo salotto che un poco dovrei ristrutturare. Benvenuto a Marco Rò, cantautore romano di quella scuola un po’ capitolina e un po’ nostrana tutta, di quando il pop incontra il romanticismo e di quando in quando si fa main stream di ritmi facili e di orchestrazioni di gala. Ma la sua è anche una canzone impegnata nell’intimo quanto nel sociale e si lascia ispirare da altre culture e da altri colori. Con la sua compagna e giornalista Laura Tangherlini portano avanti questo “Matrimonio Siriano”, un docufilm potremmo dire, un viaggio… il lavoro di inchiesta porterà, alla fine dei giochi, il nome di questo disco che non può scivolare come molti altri esperimenti pop della canzone di oggi. Si intitola “A un passo da qui” e noi vogliamo saperne di più:

Voglio rubare una domande che ho visto in altre interviste. Mi piacerebbe rovesciarla e farne buon uso. Ma da un viaggio così grande come mai ha riportato così poca contaminazione? Una scelta o un caso?
La contaminazione è stata soprattutto umana e di progetto, oltre che musicale. Ad esempio a Mosca è nata la bella collaborazione con Kira Franka, con una canzone, “Mosca Mon Amour”, che ironicamente celebra due paesi cantando in italiano e in russo. In Libano e in Turchia abbiamo fatto cantare bambini e adulti a Reyhanli e nel campo profughi di Burj El Shemali sulle note di “Dune”. Ad Abbey Road, dove ho registrato la voce di “One Step”, versione inglese di “A un passo da qui”, ho conosciuto dei ragazzi bravissimi con cui abbiamo improvvisato delle session che pubblicheremo nei prossimi mesi. In realtà tutto è avvenuto in modo abbastanza naturale, ed il disco, in questo senso, rappresenta una sorta di diario di viaggio.

Il singolo “Mosca non amour” diciamo che è decisamente la chiave di volta per la vita radiofonica. Un obiettivo ben preciso o anche questa è figlia del caso?
Venivo da una serie di concerti nella Federazione Russa, fra il 2013 e 2014, che avevano suscitato l’attenzione della testata Russia News e di Capital FM, la prima radio moscovita in lingua inglese. Abbiamo pensato che fosse importante creare qualcosa insieme alle persone conosciute in questi due anni, che potesse in qualche modo divertire e far riflettere, giocando sui tanti luoghi comuni che girano attorno ai due paesi.

Pensi che in questo lavoro si nasconda la chiave di lettura per essere meno indifferente a quello che vediamo in televisione?
In realtà, soprattutto fra i più giovani, credo che la televisione si veda sempre meno. Il guaio è che il web rischia di essere pure peggio in termini di affidabilità e imparzialità dell’informazione di massa. Il modo migliore per rendersi conto di ciò che ci circonda è sempre, quando possibile, verificare di persona. Nel nostro piccolo abbiamo cercato di dare una testimonianza, sentita e il più possibile condivisa, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone alla cultura dell’aiuto reciproco e indiscriminato.

Beh a questo punto c’è da chiederti: avendo visto molte cose da vicino, quanto somigliano o quanto sono diverse dalle scene viste in tv?
In tv, rispetto a questo tema, spesso si parla solo di numero delle vittime, strategie militari e terrorismo. Queste invece sono persone che hanno una tale voglia di vivere e di reagire alle difficili prove che la vita ha messo loro davanti, che costituisce un valido esempio di valore positivo per tutti. E questo si percepisce tanto nelle testimonianze quanto nelle immagini raccolte da Laura Tangherlini in “Matrimonio Siriano”, il libro-documentario del quale ho curato la colonna sonora, tra l’altro scrivendo e cantando con la stessa Laura proprio “Dune”, la canzone di cui parlavamo prima, e che è anche il secondo singolo del mio nuovo album “A un passo da qui” (2017 – Romabbella Records).

E allora parliamo di “Matrimonio Siriano”: ma ti sei “sposato” davvero in Siria?
Laura mi propose di fare del nostro matrimonio una bella occasione di solidarietà concreta. Così abbiamo deciso di donare parte dei regali di nozze a due orfanotrofi di Reyhanli, una cittadina turca al confine con la Siria. Siamo andati lì e abbiamo comprato loro giacconi invernali, cancelleria e giocattoli. Con le partecipazioni e le bomboniere abbiamo finanziato altri progetti di Terre des Hommes, una delle Ong che ci hanno aiutato e che operano nel territorio, e abbiamo sostenuto a distanza il piccolo Mo’men, profugo siriano in Libano, grazie a “Un Ponte Per”. I proventi derivanti dai diritti d’autore verranno anch’essi devoluti a progetti per i siriani. Le immagini di questi viaggi, oltre che nel documentario, sono contenute nel videoclip di “Dune”, già disponibile in rete.

Ultima domanda promesso, la più difficile: come si sposa il suono digitale con un dramma reale, quindi analogico?
Quando uscì il mio disco precedente “Un mondo digitale” (2011 – Novo Sonum/Edel), qualcuno mi definì un “cantautore analogico nell’era digitale”. La definizione mi piacque molto e tutt’oggi la trovo molto azzeccata. La musica fortunatamente va al di là delle catalogazioni, essendo essa stessa un narratore potente e diretto. Compreso questo, te ne freghi del come, e inevitabilmente ti concentri sul perché.

In rete c’è il video un po’ facilone e di superficiale fattura: “Mosca mon amour”. Ma credo che al di la del farsi figo per averlo girato per davvero a Mosca, mi si permetta di dire che in questo disco ci sono perle di una fattura assai più preziosa. Mandiamo in onda “Dune”, colonna sonora del documentario “Matrimonio Siriano”. Scritto e cantato a due… ma credo che sia specchio e colori di molti, davvero di molti. Buon Viaggio…